Turismo mediorientale e uova russe

UNO: Turismo, finanza e guerra: l’altra faccia della crisi di Gaza 

La crisi di Gaza non è solo una questione di operazioni militari e di decine di migliaia di civili morti o sfollati. Silenziosamente l’impatto di questo nuovo conflitto mediorientale è approdato alla sfera economica, rischiando di portare sull’orlo del baratro finanziario diversi paesi della regione. 

Cosa è successo: Le vaste operazioni militari israeliane a Gaza, iniziate dopo gli attacchi terroristici del 7 ottobre, hanno aumentato notevolmente il livello di tensione politico-militare in tutta la regione. Molti hanno sentito degli attacchi degli Houthi yemeniti contro le navi cargo nel Mar Rosso e delle sanguinose schermaglie tra Israele e Hezbollah libanese lungo il confine settentrionale dello Stato ebraico. Ciò di cui si discute meno sono le ripercussioni finanziarie che il conflitto sta avendo su alcuni paesi chiave della regione, compresi alcuni non tecnicamente coinvolti nel conflitto. Decine di migliaia di prenotazioni turistiche sono state cancellate non solo per Israele, ma anche per paesi limitrofi come Egitto, Libano e Giordania. Allo stesso tempo, il timore per un possibile coinvolgimento di questi paesi in un allargamento del conflitto ne ha fatto aumentare il rischio agli occhi degli operatori finanziari, rendendo loro molto più difficile accedere al credito internazionale vendendo titoli di stato. 

Perché è importante: Queste sono pessime notizie per un paese come il Libano, dal 2020 già alle prese con una crisi finanziaria senza precedenti. Questi sviluppi stanno infatti erodendo la debole ripresa economica che i grandi influssi turistici dell’estate scorsa avevano portato, per un paese che ormai vede il settore turistico rappresentare un terzo del suo Pil. Il rischio è il ritorno di una nuova spirale inflazionistica e un nuovo aumento degli già altissimi livelli di povertà. 

Le cose non vanno molto meglio per l’Egitto, anch’esso alle prese da più di un anno con una grave crisi economica. Il drastico cale degli arrivi turistici unito al dirottamento dei convogli commerciali dal Canale di Suez a causa degli attacchi Houthi sta aggravando una spirale di tracollo finanziario e inflazionistico che, senza interventi esterni, può portare il paese vicino al baratro di una crisi potenzialmente simile a quella libanese. Nel 2023 l’Egitto è riuscito ad accedere al sostegno del Fondo Monetario Internazionale, ma alla luce dei fatti recenti potrebbe non essere sufficiente. Per ottenere ulteriori sostegno il paese dovrà introdurre riforme difficili, a cominciare da una nuova pesante svalutazione della valuta nazionale prevista già per i primissime mesi del 2024.

Infine, la crisi sta danneggiando notevolmente anche la Giordania, per la quale il turismo rappresenta il 10 percento del Pil. Il paese ha una enorme esposizione debitoria ma la sua dimensione limitata e la grande quantità di alleati internazionali per adesso la rende meno vulnerabile di Libano ed Egitto. Allargando lo zoom, voci crescenti di cale degli afflussi turistici riguardano anche paesi parecchio lontani dall’area di crisi come la Tunisia, anch’essa alle prese da anni con una grave situazione economica e con un’economia fortemente dipendente dal settore turistico. 

DUE: L’uovo di Putin

Le uova su possono preparare un mille modi diversi: tegamino, occhio di bue, strapazzate, alla coque. Ciò non le rende necessariamente una risorsa strategica. Eppure, nelle ultime settimane in Russia si è parlato più di uova che di uranio o terre rare. 

Cosa è successo: Dall’inizio del 2023, il prezzo delle uova nel Paese è aumentato del 40%, con alcune città (ad esempio Belgorod) soggette a vere e proprie penurie. L’aumento del prezzo delle uova è dovuto all’incrementi del costo dei mangimi per il pollame e dei prodotti veterinari, una conseguenza indiretta delle sanzioni occidentali, che hanno portato a un aumento del prezzo dei prodotti importati. Non ha aiutato neanche il picco di domanda di dicembre – uno dei piatti classici del capodanno russo è, per l’appunto, l’insalata russa, un piatto che non contento di essere zeppo di maionese spesso ha anche aggiunte extra di uovo sodo.

La Russia è ovviamente un caso particolare. La sua economia è parzialmente isolata dal mercato europeo e i suoi rapporti commerciali sono pesantemente influenzati da fattori politici, sopratutto nel campo agricolo. Il Cremlino ha provato a ridurre la penuria di uova puntando su importazioni agevolati da “Paesi amici“ come il Kazakistan. Tuttavia, nessun accordo politico può compensare per uno squilibrio fra domanda e offerta così strutturale, sopratutto se consideriamo che il settore agricolo russo ha probabilmente già raggiunto il proprio picco produttivo dopo il blocco alle importazioni di beni alimentari europei nel 2014.  

Perché è importante: Ormai siamo abituati all’idea che prodotti animali,  frutta e verdura siano facilmente reperibili al supermercato. Questa è forse la più grande vittoria della globalizzazione e degli avanzamenti in campo agricolo e tecnologico, ma cela anche una chiara intenzione politica. Non bisogna infatti dimenticare che per secoli l’approvvigionamento  di cibo è stata la tematica centrale di molti conflitti politici (e rivolte). Anche per questo in Europa vige un importante sistema di sussidi e supporti statali all’agricoltura. Il settore agricolo rappresenta ormai la minima parte delle economie dell’UE, tuttavia il desiderio di autosufficienza alimentare e la sensibilità a possibili turbolenze nell’approvvigionamento portano i governi a considerare gli agricoltori con particolare riguardo.

Ciò può diventare un problema in situazioni di grandi mutamenti. Mentre in Russia le uova sparivano dai supermercati, in Germania gli agricoltori scendevano in piazza contro il taglio dei sussidi al diesel agricolo imposto da Berlino. La decisione, dettata da considerazioni climatiche, ha evidenziato quanto il settore sia marcato da scelte politiche ridistributive: se si sceglie di far pagare meno la benzina per un trattore, allora il bilancio di Co2 (e i soldi del sussidio) dovranno essere portati dal resto della comunità. Questi anni di stravolgimenti globali ci stanno ricordando che ciò non è scontato, sopratutto quando pressioni esterne e interne mettono in discussione il delicato status quo del mercato alimentare.

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